Il Future Health Index 2017 in dettaglio (Italia)
Accesso alla sanità
L’accesso alla sanità è calcolato confrontando le risposte del campione intervistato con i dati (WHO, IDC e World Bank) sulla densità di personale medico ogni 10.000 abitanti e la percentuale di persone a rischio a causa di una minor spesa per i trattamenti chirurgici.
L’accesso reale all’assistenza sanitaria è migliore di quanto gli italiani ritengano, siano essi professionisti o cittadini. Infatti, la loro percezione sull'accesso alle cure (59.9), è decisamente inferiore rispetto alla realtà che si attesta su 67.3, superando la media degli altri paesi (64.6). Un gap relativamente basso tra percezione e realtà in Italia pari a 7.4, che rivela come soltanto un terzo degli italiani (il 37%) ritenga di avere accesso alle risorse mediche necessarie per curare i familiari malati o se stessi nelle loro case. Su questo aspetto i professionisti sanitari concordano: il 62% pensa che i propri pazienti non abbiano un reale accesso alle cure. Un allineamento significativo, dunque, tra medici e pazienti, che convergono nel non riconoscere nel sistema una risposta adeguata in termini di accessibilità rispetto alle loro esigenze.
Integrazione del sistema sanitario
L’integrazione del sistema sanitario è calcolata confrontando le risposte del campione intervistato con i dati (WHO, IDC e World Bank) sulla spesa in Infomation Technology destinata alla sanità in ambito di connettività, software e servizi nel 2015.
È questo l’aspetto sul quale gli italiani nutrono le più grandi aspettative: sull’integrazione del sistema sanitario emerge, infatti, un importante gap tra percezione e realtà (32.0), il più alto tra i paesi europei. Nonostante le percezioni di pazienti e professionisti sanitari siano in linea con la media degli altri paesi (54.5 in Italia vs 54.9), la realtà risulta essere inferiore rispetto alla media (22.5 in Italia vs 24.1).
Per quanto riguarda il percepito, sia i cittadini (il 64%) che i professionisti sanitari (il 95%) ritengono che l'integrazione migliorerebbe significativamente il livello di qualità del sistema sanitario. Tuttavia, entrambi i campioni intervistati concordano sul fatto che l'attuale sistema sanitario italiano non sia sufficientemente integrato e che la più grande barriera sia rappresentata dai costi: il 53% dei pazienti italiani e il 49% dei professionisti sanitari credono che il processo di integrazione della sanità renderebbe la gestione della salute più costosa.
Il punteggio relativo alla realtà in Italia risulta essere inferiore alla media principalmente a causa della percentuale di spesa rispetto al PIL in servizi di Internet of Things (IoT) dedicati alla sanità, che risulta essere minore rispetto alla media degli altri paesi.
Adozione di tecnologie e sistemi per le cure connesse
L’adozione è calcolata confrontando le risposte del campione intervistato, con i dati (WHO, IDC e World Bank) sulla presenza di una politica sulla tecnologia in ambito sanitario e la spesa in Information Technology destinata alla sanità in ambito di hardware nel 2015.
L’Italia risulta essere uno dei paesi con la realtà sull’adozione di tecnologie per le cure connesse più alta (70.8) rispetto alla media (57.8), seppur ancora molto lontana da un paese come la Francia che possiede un sistema per molti versi simile a quello italiano (86.8): questo significa che l’Italia si posiziona come paese abbastanza avanzato nell’ambito della “connected care” grazie a una politica precisa sulle nuove tecnologie sanitarie e una maggiore spesa rispetto al PIL in apparecchiature (hardware) di IoT in ambito sanitario rispetto alla media degli altri paesi.
Il punteggio di percezione risulta essere, invece, leggermente inferiore alla media (47.2 in Italia vs 50.8) influenzato dalla scarsa conoscenza delle nuove tecnologie di “connected care” da parte dei pazienti (9%) e dei professionisti sanitari (34%), nonché dalla convinzione che queste tecnologie non possano essere utilizzabili a pieno in tutti i settori della sanità. A tal proposito, dall’indagine risulta che gli ambiti della medicina in cui gli italiani hanno maggiormente sperimentato le nuove tecnologie di cure connesse sono stati: la fertilità e la gestione neonatale/parentale (per il 41%), la pneumologia (per il 37%), l’oncologia (per il 34%) e la cardiologia (per il 31%).
Tuttavia, il punteggio è solo leggermente inferiore alla media, in quanto gli intervistati riconoscono l'importanza della “connected care” e si dicono pronti a adottarle prendendo parte alla rivoluzione digitale che sta abbracciando negli ultimi anni il settore sanitario. Una conferma dunque rispetto alle evidenze del Future Health Study 2016, che sottolinea un’urgenza da parte della popolazione di passare dalle intenzioni ai fatti.
In Italia, risultano essere le donne le maggiori sostenitrici delle cure connesse a beneficio di se stesse e della propria famiglia: il 59% del campione femminile, infatti, ritiene estremamente utile la consultazione medica virtuale o da remoto, il 54% vorrebbe avere quotidianamente accesso ai dati medici relativi ai propri parametri vitali e il 64% desidererebbe ricevere alert su visite ed esami attraverso dispositivi connessi.
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