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    Rooming-in, insieme dopo il parto

    Abbiamo più volte affrontato il tema dell’importanza del contatto fisico  tra neonato e mamma, fondamentale sin dall’esordio del loro rapporto e dagli effetti benefici per entrambi, sia dal punto di vista fisico che psicologico.

     

    Ecco allora alcune indicazioni per le future mamme, per favorirlo sin dai primi minuti, quando neomamma e bambino si trovano ancora in ospedale e quando, per motivi logistici e organizzativi o per richiesta della mamma stessa, spesso i due vengono separati.

    Mamma e neonato insieme dopo il parto

    La nursery dell’ospedale

     

    Appena dopo il parto e gli esami di routine, il neonato viene abitualmente trasportato al nido dell’ospedale. Questo spazio, adiacente ai reparti maternità in cui transitano ostetriche e pediatri, era stato concepito negli anni ’60 con la precisa motivazione di offrire assistenza a madre e bambino in un momento tanto delicato della loro vita: un ambiente asettico per il neonato, a portata di cure e diretta sorveglianza da parte del personale ospedaliero, e un momento di recupero e riposo per la neomamma.
    Sempre più di frequente, però, negli ultimi anni si sta assistendo a un’inversione di rotta, per cui mamma e neonato non sono più separati immediatamente dopo il parto, ma vengono lasciati insieme perché si conoscano e perché con calma facciano le prime prove di poppata, in un ambiente raccolto e in presenza, solitamente, del papà. Il piccolo non viene dunque più portato nella nursery (o nido) dell’ospedale, ma è lasciato in camera con la mamma, secondo la logica del cosiddetto rooming-in.

     

    I benefici del rooming-in

     

    Separare madre e figlio dopo la nascita non è più una pratica consigliata, stando ai nuovi obiettivi fissati dal nostro Ministero della Salute, che invita a ”umanizzare” l’evento della nascita, ovvero a ridurre gli interventi del personale medico durante il parto e i momenti successivi ad esso. Anche gli standard definiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’UNICEF per gli “Ospedali amici dei bambini” suggeriscono di sistemare sin dall’uscita della sala parto il neonato nella stessa stanza della mamma, a meno che non esistano dei motivi stringenti per la separazione, in modo che trascorrano insieme ventiquattr’ore su ventiquattro durante la permanenza in ospedale. È infatti ormai ampiamente dimostrato che molti sono i vantaggi del rooming-in, sia per la mamma sia per il bambino, nel breve e nel lungo periodo.

     

    Pelle a pelle subito dopo il parto

     

    Gli attimi e le ore che seguono la nascita sono fondamentali per l’instaurarsi del rapporto madre-figlio. E’ un momento in cui i due spontaneamente si cercano, in cui tutti i loro sensi sono allertati per tornare a una condizione di stretto contatto. Il neonato tenuto subito pelle-a-pelle con la mamma regola meglio la propria temperatura corporea, piange meno e raggiunge prima un ottimale ritmo respiratorio, senza contare che è nella condizione ideale per cercare il seno della mamma e mettere all’opera il suo riflesso innato di suzione. Le neomamme, in cui la produzione di ossitocina (un ormone in grado di sollecitare il “senso materno” e di regalare energia e benessere) viene stimolata proprio dal contatto fisico col bambino, imparano a conoscere e capire più velocemente la loro creatura, rispondendo ai suoi bisogni con immediatezza. Il corpo materno, inoltre, attraverso lo scambio fisico è stimolato sin da subito anche alla produzione di latte.

     

    Un avvio più semplice dell’allattamento

     

    Una stretta vicinanza di mamma e bebè crea insomma le condizioni migliori per l’avvio dell’allattamento naturale, che soprattutto nelle prime settimane di vita del piccolo è raccomandabile sia esclusivo e a richiesta. La permanenza del neonato al nido impedirebbe di offrirgli il seno ogni volta che richiede di poppare, imponendo piuttosto degli orari fissi, quelli decisi dal personale medico. Inoltre, negli intervalli d’attesa trascorsi al nido potrebbe capitare che il neonato venga nutrito con liquidi alternativi, come la glucosata o la formula artificiale; altre volte può capitare che pianga a lungo finendo per stancarsi tanto da non avere abbastanza energie quando è il momento di poppare.
    Se la neomamma ha invece il suo piccolo in stanza, potrà accudirlo in ogni momento, porgendogli il seno ogni volta che ne avverta la necessità perché assuma le prime gocce di colostro, stimolando al contempo la montata lattea, che in questo modo non tarderà ad arrivare.

     

    La mamma non si stanca di più

     

    In alcuni casi, le coppie di neogenitori rifiutano il rooming-in nella convinzione che non avere il neonato sin da subito in camera consenta alla mamma, reduce dalle fatiche del parto, di riprendersi più velocemente e di riposare in prospettiva del rientro a casa dall’ospedale. In realtà, questa aspettativa risulta essere smentita da diversi studi che hanno rilevato come le neomamme che stanno in ospedale senza il bebè, la notte non riposano di più rispetto a quelle che praticano il rooming-in; questo perché molte di loro dormono più serene sapendo di avere accanto a sé il proprio piccolo.

     

    E’ più facile la gestione del bebè a casa

     

    Se neomamma e bambino hanno avuto modo di conoscersi in ospedale, una volta usciti da lì per approdare tra le pareti domestiche , il ritrovarsi sarà immediato. Al contrario, se nelle corsie del reparto maternità sono stati a lungo separati, una in camera e l’altro al nido con un rapporto mediato perlopiù dal personale dell’ospedale, il riconoscimento sarà probabilmente più laborioso. E se poi, proprio a causa della lontananza, anche l’allattamento non è partito al meglio, allora i momenti di sconforto della neomamma, già fisiologici nella fase post-partum, saranno lì in agguato. Ma niente disperazione, i momenti di contatto si ricreano, si recupera ogni passaggio, basta mettersi pelle-a-pelle col proprio bambino e pronte all’ascolto, senza timori e interferenze.

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