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LA BARBA NELL'ANTICA ROMA

Nella Roma imperiale la rasatura equivaleva ad un vero rito, forse un po' pericoloso e cruento, ma sempre di rito si tratta.

L'importanza di questa pratica era tale da costituire il passaggio dall'adolescenza all'età adulta tanto che la prima barba veniva conservata e offerta in sacrificio sull'altare degli dei.

Tutti gli uomini romani, eccetto soldati e filosofi, avevano l'obbligo di radersi affidando le proprie barbe al "tonsor", il barbiere.

A differenza però dei ricchi che potevano disporre della rasatura a domicilio, la gente comune si radunava nella bottega. L'attività solitamente si svolgeva all'interno di un'unica stanza con una panca a correre lungo le pareti dove i clienti attendevano il proprio turno e uno sgabello al centro dove avveniva la rasatura.

Come già accennato, il taglio della barba non era propriamente una pratica indolore. La pelle non veniva infatti preparata con unguenti o saponi e il taglio avveniva a secco con un rasoio in ferro. Moltissime erano le ferite e i tagli da rasatura ed è quindi facile immaginare la rapida diffusione che ebbe la moda della barba incolta promossa dall'imperatore Adriano.

I Romani, da sempre fieri della propria ostentata superiorità, rinunciavano quindi per paura o forse per pigrizia a ciò che per secoli li aveva distinti propri "cugini" Barbari ("barbarus": straniero, rozzo ma anche colui che porta la barba incolta).